Il Sake – un mondo da scoprire

Il sake è una bevanda alcolica fermentata prevalentemente dal riso e dall’acqua. Il suo aspetto, variabile tra il quasi trasparente e il giallo debole, ricorda il vino bianco. Benché il contenuto alcolico del 13-17% di molte varierà di sake sia lievemente superiore a quello del vino, si presenta con un sapore delicato e leggermente acido, amarognolo o astringente.

L’assaggio attento del sake rivela un sapore gradevole non classificabile come dolce né acido, amaro o astringente. Questo è l’umami, termine giapponese a volte traducibile come “sapidità, gustosità”. Rispetto al vino e alla birra il sake è più ricco di amminoacidi e peptidi, i responsabili dell’umami. Il tipo di sake conosciuto come ginjo, ad esempio, possiede un eccezionale aroma fruttato. Prodotto con riso giapponese e acqua limpida, il sake è il risultato del consolidamento di squisite tecniche di fermentazione volte alla creazione sia dell’umami sia dell’aroma fruttato del riso. La crescente popolarità all’estero del sushi e di altri cibi giapponesi sta dando una mano alla divulgazione internazionale del sake. D’altra parte il suo delicato sapore ben si adatta anche alla cucina francese, italiana e cinese e per questo, presentandosi come nuova bevanda alcolica distinta dal vino e dalla birra, richiama un folto seguito di entusiasti.

In Giappone il termine “sake” spesso indica le bevande alcoliche in genere, perciò vino, birra e whisky compresi. Il sake vero e proprio tuttavia è qui altresì conosciuto come “Nihon-shu” o “sei-shu”, la cui parte “shu” è scritta con lo stesso carattere di origine cinese del sake (酒) e leggibile come “sake”, “zake” o “shu”, mentre “Nihon” significa Giappone; ne consegue che “Nihon-shu” identifica la tradizionale bevanda alcolica giapponese. Inoltre, la parte “sei” di “sei-shu” significa “limpido”. La coltivazione del riso, il cereale da cui si ricava il sake, risale alla Cina di ben oltre 7.000 fa, mentre da tempi immemorabili in Asia è altresì usato per produrre bevande alcoliche.

Una delle particolarità delle tecniche di fermentazione asiatiche è l’impiego di muffe anziché di malto per trasformare l’amido in zuccheri, il cosiddetto processo di saccarificazione. Anche questa tecnica è nata in Cina. Tuttavia, benché si ritenga che il riso e le tecniche di fermentazione del sake siano originari proprio della Cina, attualmente il Giappone è l’unico paese asiatico a produrre una bevanda alcolica limpida e dal sapore raffinato nota, appunto, come sake. Il sake giapponese ha oltre 2.000 anni di storia, periodo durante il quale le tecniche di fermentazione hanno conosciuto una continua evoluzione.

Da un punto di vista prettamente storico il sake vanta un forte legame con l’agricoltura e i riti scintoisti, la religione autoctona giapponese. Anticamente, infatti, veniva offerto con significato propiziatorio agli dei insieme ad alcuni prodotti della terra e cibi preparati che poi i fedeli consumavano collettivamente. Le offerte di sake fanno ancora parte dei rituali scintoisti e giocano essenzialmente il ruolo di dono durante i festival e la celebrazione dei matrimoni.

La mattina del primo giorno dell’anno, inoltre, le famiglie si riuniscono e bevendo sake tutti i membri si augurano l’un l’altro salute e longevità. Il clima giapponese è scandito dalle quattro stagioni che nel corso del tempo hanno dato vita a diverse usanze in cui il sake ha sempre giocato il ruolo di protagonista principale. In primavera, ad esempio, lo si beve ai piedi dei ciliegi in fiore; in autunno vi s’immergono petali di crisantemo e lo si assapora contemplando la luna, mentre in inverno fa compagnia sullo sfondo di panorami innevati.

Con le stagioni cambiano anche gli ingredienti dei cibi e così i sakana, i tipici piattini di accompagnamento al sake che ne favoriscono la degustazione con i sapori caratteristici di ciascun periodo. Il sake può essere bevuto anche riscaldato, pratica nata nel nono secolo presso le famiglie nobili per intrattenere gli ospiti e nel diciottesimo secolo diffusasi ulteriormente a tutti i livelli della società come delizia per tutto l’anno. Nel libro scritto proprio in questo periodo dal famoso medico Kaibara Ekiken si afferma che il sake riscaldato favorisce la circolazione del chi, il flusso energetico nell’essere umano. Ma i cronisti di 1.300 anni fa hanno riportato che durante l’estate l’Imperatore e i nobili lo bevevano raffreddato con il ghiaccio conservato dall’inverno, modo certamente stravagante per quell’epoca. Dal 1980 sono apparse numerose varietà di sake dal sapore fresco e leggero proprio per incoraggiarne il consumo a freddo.

In occasione della passata edizione di Identità Golose abbiamo avuto il piacere di assaggiarne 5 varianti, ognuna delle quali, a modo suo, ha saputo rendersi interessante.

KID JUNMAI DAIGINJO – Heiwa Shuzo, Wakayama: Sake di tipo Junmai Daiginjo, profumato e delicato, dai sentori di pera, mela verde e melone

TENGUMAI YAMAHAI JUNMAI – Shata Shuzo, Ishikawa: Sake macerato aromatico e con aromi ossidativi di frutta matura, lattici e di brodo di carne

SENPUKU SHINRIKI MUROKA GENSHU JUNMAI – Miyake Honten, Hiroshima: Sake non diluito senza finissaggio, con corpo pieno, intenso, con aromi di bosco e di cantina

WADA TAMAHIKO KOSHU 1999 – Wada Shuzo, Yamagata: Sake affinato oltre 20 anni, dorato, evoluto, complesso, ricco di sentori di frutta matura e miele

NIGORI SAYURI JUNMAI NIGORI – Hakutsuru, Hyogo: Sake col fondo, fresco, acido e fruttato.

Tante altre informazioni le trovate sul sito dell’associazione JSS – JAPAN SAKE and SHOCHU MAKERS ASSOCIATION Japan Sake and Shochu Makers Association

Non ci resta ora che approfondire l’argomento con letture e nuovi assaggi.

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